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La Scuola di Teatro che vanta innumerevoli tentativi d'imitazione!

Vita di classe

I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch

Gli allievi del secondo anno al lavoro su “La stupidità” di Rafael Spregelburd

Quando incontro un nuovo gruppo di allievi del Secondo Anno, mi piace conoscerli anche attraverso le scelte che compiono. Per questo la scelta del testo su cui lavorare dipende in parte da me, che seleziono per loro tre o quattro opere di drammaturgia contemporanea, in parte da loro. Insieme leggiamo i testi, li analizziamo, e ne discutiamo.
Contemporaneamente iniziamo un percorso di lavoro attraverso esercizi di improvvisazione strutturata che mi consentono di osservarli, di avvicinarmi alle peculiarità espressive di ciascuno e alle necessità di lavoro individuali e di gruppo. La scelta finale del testo su cui lavorare insieme è frutto di questo percorso comune.

Anche quest’anno, come accaduto con il triennio precedente, le ragazze e i ragazzi del Secondo Anno hanno scelto di lavorare su un testo di Rafael Spregelburd, La stupidità.

Non mi sorprende che questo autore, da me tanto amato, riscuota l’entusiasmo unanime di allieve e allievi: nella sua scrittura trovano complessità e divertimento, possibilità di sperimentazione delle proprie capacità espressive e territori di senso da esplorare.

La stupidità è l’opera attraverso la quale il genio di Rafael Spregelburd si è diffuso in America e in Europa (Premio Tirso de Molina, Premio Teatro del Mundo). È stata allestita, oltre che in Argentina, in Francia, Germania, Spagna, Belgio, Repubblica Ceca. Pubblicata in Italia da Ubulibri nel 2010 e da Einaudi nel 2017, fa parte di una raccolta di sette testi, L’Eptalogia di Hieronymus Bosch, ispirata alla tavola dei sette peccati capitali del pittore fiammingo. Ogni testo porta il titolo di un peccato contemporaneo, associato ad uno della tradizione cristiana: i peccati dell’oggi si sommano a quelli di ieri in una nuova costellazione.

La stupidità è una polifonia dirompente in forma di road movie.

I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch

I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch

Cinque storie s’intrecciano in diversi motel nel deserto, ventiquattro personaggi sull’orlo della catastrofe s’incrociano secondo schemi aleatori, come sistemi che si disorganizzano reagendo a variabili impreviste.

Motto dell’opera: “La coincidenza è madre della turbolenza”.

È Las Vegas, anzi, peggio, i dintorni di Las Vegas. È la strada. Motel sulla strada, tutti molto simili. I personaggi agiscono mossi da sete di guadagno, che cercano tramite l’inganno, il furto, il gioco d’azzardo. Peccato che poi di questo guadagno, grande o piccolo, non sappiano cosa fare, perché tutto è già perduto, dimenticato, cancellato da altro accadere, tutto scorre in un tempo orizzontale e simultaneo, caratterizzato dallo stile “zapping” con il quale si susseguono le scene.

La stupidità La stupidità

Con le allieve e gli allievi del Secondo Anno 2023 realizzeremo uno studio su sei scene delle 22 che compongono l’opera.

Questo magnifico testo è un affresco esilarante e tragico dell’umanità occidentale e ci fornisce delle chiavi di lettura del presente, come ogni buona drammaturgia.

In questo momento storico l’umanità ha accesso alla maggiore quantità d’informazioni di sempre.

Non abbiamo mai saputo tanto – o potuto sapere tanto – come oggi.

Siamo esseri potenziati nei corpi e nelle menti, da protesi (migliorabili) che ci consentono di vedere, ascoltare, toccare, saggiare in infinite direzioni.

“Sapere è potere”, diceva Thomas Hobbes, sulla scia del maestro Francis Bacon.

Eppure.

Pare che il paradigma positivista inaugurato da Francis Bacon a metà del XVI secolo (induzione-esperienza contro deduzione-speculazione), che ha dato slancio alla rivoluzione scientifica fino a mettere fra le nostre mani gli smartphone – le protesi ad oggi più perfezionate – e corre veloce verso il teletrasporto che occhieggia invitante tra le spire del modello quantistico, ecco, quel paradigma lì mostra la sua natura di narrazione sbilanciata, tutta protesa alla sublimazione di Homo Sapiens, dunque incapace di rappresentare la realtà. Già, perché ha omesso con intenzionalità il Demens che accompagna sempre il Sapiens.

Gli esempi del Demens più forte del Sapiens si sprecano in tutte le direzioni:

la consapevolezza della distruzione dell’ecosistema che ci consente la vita non porta ad azioni per arginare la catastrofe; tutto ciò che sappiamo dei virus da almeno un ventennio (compreso che le pandemie più rischiose a livello globale sarebbero state di Coronavirus) non ha portato a prendere precauzioni, anzi; le guerre sempre più violente se la giocano con le catastrofi naturali, in una rincorsa terrorizzante.

E così via, a piacere.

Dunque: “sapere non è potere”, con buona pace di Bacon e Hobbes.

I personaggi che incontriamo ne La stupidità sono donne e uomini del nostro tempo, più Demens che Sapiens, proprio come noi. Speriamo di riuscire ad avvicinarli senza giudizio e ad incarnarli con affetto, perché divertendoci ci mostrano la nostra umanità.

Manuela Cherubini