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La Scuola di Teatro che vanta innumerevoli tentativi d'imitazione!

Vita di classe

Radio Ofelia

Master di perfezionamento sul Clown teatrale a cura di Fiora Blasi

“Con un nome non posso dirti chi sono” (Romeo atto scena)

Come nella radio il “palinsesto” di questa restituzione è composto da materiali diversi fra loro, a volte anche dissonanti.

Il clown è un’utile bussola interna, che fa sentire con chiarezza all’attore dove il suo processo creativo si accende e gli permette di riconoscere se la presenza in scena è fluida, vera e pronta al gioco, attraverso la possibilità di ridere di sé stesso.

Come diceva J. Lecoq “Non si può fare il clown, lo si è”. Questo necessariamente rende ogni clown diverso, ci sono clown forti nella parola, altri silenziosi, alcuni molto fisici, altri ancora metafisici, altri particolarmente vulnerabili… L’arte del clown quindi ci aiuta a conoscere la nostra poetica e ad essere più veri e umani in scena. Ovviamente il clown parte da una zona espressiva precisa, lo humor e ha il difficile compito di far ridere …

Dal clown abbiamo concentrato il lavoro su poche scene dell’Amleto e di Giulietta e Romeo. Di questi due classici tanti sono gli aspetti che ancora ci parlano e trovo che sia una vera occasione in una scuola che tutte e tutti si siano confrontati con l’ampiezza dei protagonisti, che hanno all’incirca la loro età. Arrivare a Shakespeare attraverso il clown, un apripiste, ci ha dato la possibilità di sentire meno soggezione della classicità, trovando un modo personale di starci dentro. Il clown e Shakespeare sono due titani e a volte ci siamo sentiti tirati troppo da una parte- e le parole non uscivano- e a volte dall’altra, perdendo la pienezza necessaria per dire quelle parole. L’impresa non è forse riuscita, ma il tentativo è stato senz’altro fertile e creativo.

In questa restituzione non vedrete quindi un lavoro sul clown, né una versione clown di alcune scene shakespeariane. Abbiamo provato semplicemente ad usare il clown come trampolino di lancio per questi testi complessi. Complessi non da un punto di vista intellettuale, ma fisiologico. Sostenere oggi la parola poetica e concreta al tempo stesso di Shakespeare, non è facile. Ormai il nostro linguaggio fugge la definizione, è ellittico, frammentato, ambiguo; in Shakespeare invece ci si confronta con fiumi di parole in cui il personaggio racconta, afferma, pensa ad alta voce, cerca testimoni. Nei versi del grande drammaturgo echeggia qualcosa dell’hip hop, in cui poesia, musica e denuncia si mescolano perfettamente… Ci commuovono ancora i suoi personaggi, dai protagonisti ai servi, dai full ai “cattivi”, tutti portano una complessità che è quella dell’essere umano.  Umani troppo umani, nel loro caso si può davvero dire.

Ofelia in particolare continua a conquistare i cuori, lei come Mercuzio sono dei puri e non sorprende che nelle società violente raccontate dall’autore, diventino i capri espiatori, i primi ad essere sacrificati. Società molte diverse dalla nostra? Sì per degli aspetti, no per altri. Ofelia, Amleto, Giulietta, Romeo, Paride, Tebaldo, sono dei giovanissimi che vengono manipolati e poi sacrificati, proprio da parte di chi li dovrebbe proteggere: la famiglia, gli adulti. Come non ritrovare in queste due tragedie un tema profondo e attuale: la volontà di una generazione di ostacolare la successiva. Sappiamo che se i giovani vogliono cambiare qualcosa, devono lottare… Ma in una società incentrata sulla prestazione, sul consumo, sulla legge del vinca il più forte, l’impresa è davvero ardua.

Fiora Blasi