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La Scuola di Teatro che vanta innumerevoli tentativi d'imitazione!

Vita di classe

L’importanza della scrittura scenica all’interno di un percorso didattico

Dopo la conclusione del lavoro di scrittura scenica che gli allievi del terzo anno hanno fatto con Fabiana Iacozzilli, abbiamo chiesto a Fabiana se e perché pensa sia utile questa “pratica” già in una fase di formazione.
Noi pensiamo di si.

Un giovane attore, oggi più che mai, deve avere delle competenze che spaziano in campi molto diversi. In un epoca in cui i linguaggi cambiano e si intersecano dando vita a volte a nuovi linguaggi, il giovane attore deve essere un artista capace di intercettare e sviluppare questi cambiamenti.

Stare in scena è già stare nella scrittura.
Tutto quello che accade in scena è già scrittura scenica, è già drammaturgia.

Attorno a questi principi continuo a sviluppare la mia ricerca teatrale: quella di una scrittura che venga generata dall’attore, dalla relazione con l’altro e dalla relazione con lo spazio e il tempo della scena.

Il processo di scrittura scenica collettiva parte sempre da una domanda alla quale non riesco a dare una risposta, da un tema o da una immagine che sento debbano essere tradotti in azione scenica, così da diventare lo scheletro della nuova creazione. Una volta chiarito l’ambito della ricerca e le domande che la generano, insieme al gruppo di lavoro iniziamo a condividere i nostri dati autobiografici. Questo è un passaggio delicato ma centrale perché credo sia necessario accordare i nostri strumenti interiori su una unica nota: una nota condivisa che ci consenta di portare il nostro dato di realtà verso luoghi e spazi di rappresentazione più immaginifici.

A questa fase viene affiancata una fase di ricerca di materiali (letterari, drammaturgici, fotografici, musicali…) che possano fornire spunti, illuminare percorsi, suggerire griglie drammatiche e dipingere immagini da esplorare. Lentamente si individuano temi e situazioni sui quali iniziare ad improvvisare. L’obiettivo è quello di produrre materiali drammaturgici da inserire in una prima struttura dei singoli quadri, oppure materiali da tenere come suggestioni e mondi sommersi che potranno essere rilavorati in futuro, durante altri step di lavoro. Questa è la fase più lunga e complessa, quella delle improvvisazioni di gruppo in cui gli attori e le attrici si fanno tramite, si fanno autori e autrici che, attraverso i loro corpi, scrivono l’azione.

Dunque il cuore pulsante del processo è sicuramente la/il performer e la sua personalità artistica. Tutto ruota intorno alla sua capacità di improvvisare, di rendere visibile l’invisibile e di creare situazioni e relazioni a partire dalla difficile condizione dello stare nel vuoto.
Per questo motivo credo che sia fondamentale inserire l’esperienza della drammaturgia scenica all’interno dei percorsi didattici e amo lavorare le tecniche di improvvisazione con le giovani generazioni. Perché è sempre più necessario per un* giovane attor* saper dare vita alla propria azione scenica, avere una autonomia autoriale e una capacità di costruire il testo a partire dall’ascolto di sé e dell’altr* performer, dall’ascolto dello spazio e del tempo che l’azione scenica suggerisce.

Il teatro contemporaneo è sempre più contenitore di molteplici linguaggi che lo attraversano e lo trasformano: pensiamo all’autofiction e al teatro documentario, solo per citare due nuovi paesaggi dello spettacolo dal vivo. Penso dunque sia necessario oggi parlare di formazione per autrici/attrici e autori/attori, perché la scena contemporanea è sempre più alla ricerca di performers che sappiano partire dallo stare nel vuoto, che sappiano attendere il momento in cui qualcosa di interessante può essere scritto con il corpo sulla scena.

Fabiana Iacozzilli